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CARLO CIUSSI IN MOSTRA AL PALAZZO DEI SETTE
Curata da Enrico Mascelloni e Giorgio Bonomi per l’organizzazione di Acas Service e la Galleria Invernizzi, sabato 19 gennaio è stata inaugurata al Palazzo dei Sette ad Orvieto “Apoteosi della danza”, mostra di pittura di Carlo Ciussi. Ventisei opere rappresentative ripercorrono l’iter creativo dell’artista a partire dal 1997. << Classe 1930.>> mi annuncia nel presentarsi, come a voler dire che si sente un vecchietto, anche se efficiente e pronto come uno scolaretto a rispondere alle domande. D. << Che cosa rappresentano tutte queste geometrie, righe, quadrati verdi, neri, celesti…?>> R. << Io ho fatto il figurativo per molti anni poi ad un certo momento ho capito che bisognava che trovassi un’altra strada. Siccome avevo fatto anche il tipografo, ho pensato che il quadro bisognava presentarlo, non dipingerlo di acchitto, con le viscere. Mi sono trovato molto bene perché questo era molto pacificante. Sulla geometria ci sono dal 1964-65. Non mi guardo in giro perché ogni quadro è legato al quadro precedente. Non c’è stacco, vivo molto sul mio lavoro. Se il quadro mi piace, mi piace di più il quadro che farò domani.>> D. << Cosa possiamo vedere in queste figure geometriche?>> R. <
> D. << C’è una certa differenza nello stile del colore. Si va dalla tinta unita al maculato.>> R. << Sono innamoramenti. C’è sempre del tempo in mezzo, perciò c’è una maturazione progressiva. Sono sempre sereno. Quando dipingo sono come il topo nel formaggio.>> Nelle sale delle esposizioni tra bambini che giocherellano e visitatori attardati c’è anche il gallerista Epicarmo Invernizzi. D. << E’ la prima volta che espone ad Orvieto?>> R. << Sì, ad Orvieto è la prima volta. Conosco Carlo Ciussi da quando ero bimbo, cioè dalla metà degli anni settanta. Carlo Ciussi ha una produzione di lavoro e di storia straordinarie nel panorama artistico italiano.>> D. << Dove sta andando l’arte contemporanea? A volte il visitatore davanti a quella che viene definita opera d’arte si domanda che cosa vuol dire.>> R. << Il problema dell’arte contemporanea è sempre un problema di linguaggio, è sempre un problema di immagine. Purtroppo oggi si sta travisando questo senso dell’opera d’arte, se l’arte contemporanea oggi usa altri mezzi, altre contaminazioni, il tempo determinerà ciò che è arte e ciò che non è arte. E’ fondamentale per un’opera d’arte che abbia un proprio linguaggio.>> D. << Cosa significa per lei organizzare mostre?>> R. << Organizzare mostre vuol dire offrire una nuova possibilità al visitatore, al fruitore. L’esposizione è come uno spettacolo di teatro dove tu offri lo stimolo allo spettatore. Lui può coglierlo o non coglierlo. Importante è offrire il messaggio, importante è far viaggiare lo spettatore- fruitore sul mondo dell’immaginazione, suscitare emozioni e fornire stimoli>>
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