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ORVIETO: L’INTERVENTO DELLE ASSOCIAZIONI
ORVIETO: L’INTERVENTO DELLE ASSOCIAZIONI IN DIFESA DEL TERRITORIO SULL’ INQUINAMENTO DELLA FALDA ACQUIFERA Sull’inquinamento della falda acquifera dell’Alfina, la stessa che alimenta gli acquedotti dell’intero territorio orvietano e di buona parte del comprensorio, ci perviene il parere dell’ associazione “Amici della terra” e del “comitato CISA”. Il contributo si riferisce ad ipotesi che andrebbero prese in considerazione, se ancora non lo si è fatto, visto il grande balzo dell’alluminio che, in tempi piuttosto brevi, da 200 microgrammi per litro ha superato i 1000 microgrammi. Balzo che le piogge da sole non basterebbero a giustificare. Secondo il comunicato diramato dagli Amici della Terra e dal comitato Cisa, il problema risalirebbe al 15 dicembre scorso quando un terremoto di magnitudo 4,4 dalla profondità di oltre 9 chilometri si è accentrato sulla Val Tiberina. Il fenomeno sismico è stato avvertito più o meno violentemente anche sul territorio orvietano e, benché non abbia provocato danni evidenti alle strutture architettoniche, ha comunque scatenato nel sottosuolo una serie di onde che potrebbero aver provocato delle fratture in base alle quali si sarebbe potuto creare un passaggio di anidride carbonica, in grado di accelerare l’alterazione della composizione delle rocce. Le piogge abbondanti avrebbero poi favorito il discioglimento dei sali di alluminio e ferro. Questo, in breve ed in maniera molto, molto semplicistica, quello che potrebbe essere accaduto nel sottosuolo. Per avere una visione più chiara, consiglio di leggere il comunicato stampa che pubblichiamo per intero. Santina Muzi Emergenza acqua potabile a Orvieto Prime considerazioni degli Amici della Terra e del comitato CISA Riteniamo che quanto successo in questi giorni sia un evento eccezionale che ci ha fortemente colpito e lasciati un po’ indignati. L’aumento di solubilità di alcuni elementi chimici quali: Alluminio e Ferro, è legato ad alcune condizioni di acidità del suolo, in particolare al pH, a valori inferiori a 4,5. Si ricorda che i limiti per questi due elementi, nell’acqua potabile, sono di 200 μg/litro. Questa situazione di acidità del suolo può essere determinata o da agenti esogeni quali “piogge acide”, però, se ciò fosse stato, allora questo fenomeno lo si dovrebbe riscontrare su un vasto territorio, cosa che non si è verificata; oppure dovuto ad agenti endogeni, che normalmente hanno carattere puntuale, in effetti è quello che è stato riscontrato. I pozzi di approvvigionamento idrico che servono buona parte dell’Orvietano sono tutti posizionati sull’altopiano dell’Alfina, il quale, come si sa, è formato da vulcaniti; queste sono limitate inferiormente dalla formazione flischoide argillosa-marnosa delle Liguridi, praticamente impermeabile. Le vulcaniti per le loro caratteristiche di porosità costituiscono un valido acquifero e pertanto sono sede di una importante falda idrica a carattere interregionale. Il complesso vulcaniti-flisch, a loro volta, ricopre la formazione carbonatica. L’insieme di queste formazioni, per le caratteristiche geostrutturali della zona, costituisce una trappola geologica, bloccando le risalite di fluidi gassosi a prevalente componente di CO2 (anidride carbonica), prodotta da una residua anomalia geotermica profonda legata al vulcanismo vulsino. E’ verosimilmente possibile che a seguito della recente scossa sismica registrata nelle vicinanze di Orvieto (Marsciano) si sia creata qualche nuova via preferenziale di risalita della CO2 e quindi abbia sensibilmente acidificato il suolo dell’altopiano favorendo così l’alterazione di alcuni minerali. Tra l’evento sismico e la comparsa del fenomeno sono passati oltre 20 giorni, tempo sufficiente affinché i processi chimici abbiano iniziato il loro decorso. Le recenti piogge potrebbero quindi aver portato in soluzione nella falda idrica l’Alluminio e il Ferro. Ad avvallare questa ipotesi sono anche i valori decisamente acidi dell’acqua di falda registrati recentemente, i quali sono prossimi a pH 4; si fa presente che il pH dell’acqua potabile deve essere compreso tra 8,5 e 6,5. Questa ipotesi interpretativa della situazione attuale è anche suffragata sia dagli studi effettuati nel 1985 dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Siena in collaborazione con l’Enel, studi di dettaglio della zona nell’ambito del progetto “Ricerca ed esplorazione dell’area geotermica di Torre Alfina” che registrò una presenza considerevole di gas a forte componente di CO2 sotto le liguridi, nonché da recenti studi effettuati da Capelli G. et alii “Interazione tra i fluidi endogeni ed acquifero regionale dei bacini idrogeologici del Fiume Marta e del torrente Vezza (Monti Vulsini e Monti Cimini, Lazio Settentrionale)”pubblicato sulla rivista “ Acque Sotterranee”, n. 117 del mese di settembre-dicembre 2009. Da quanto sopra esposto si evince che l’altopiano dell’Alfina è un territorio a struttura complessa e di conseguenza estremamente fragile. Le circostanze che possono interagire con la falda idrica sono molteplici già a livello naturale, pertanto non aggiungiamo quelle che possono derivare da una attività dissennata antropica, come quella delle cave di basalto . L’Alfina è un territorio che deve essere sottoposto a tutela assoluta regolamentando sia l’attività agricola e sia quella industriale; in particolare limitando drasticamente l’attività mineraria estrattiva (cave). Sono passati quasi 30 anni da quando sono stati scavati i pozzi profondi diverse centinaia di metri che hanno attraversato tutte le formazioni da quella delle vulcaniti a quella carbonatica; a fronte della presenza di fluidi acidi particolarmente aggressivi per i metalli ci si chiede in quale stato di “salute” stanno, se in questi anni è stata fatta la corretta manutenzione, se sono ancora sicuri. Cosa potrebbe aver causato le risalite di CO2 non è semplice dirlo, forse il sisma di venti giorni fa o forse i micro sismi causati dalle attività di cava o anche da una escavazione di pozzi non controllata. Ecco perché ora è importante fare una ricerca nella zona per capire dove sono ubicate le maggiori manifestazioni di CO2 in maniera di utilizzare i risultati per gestire al meglio le risorse idropotabili fondamentali per tutto il territorio orvietano. Ciò dovrà richiedere una capacità di studio e di intervento tali da poter capire e programmare gli interventi necessari. Gli Amici della Terra ed il CISA, che hanno già studiato il territorio con molta attenzione ed avendo rilevato diverse problematiche di estrema importanza, chiedono uno studio più accurato di tutto il distretto Vulsino. La carenza della consapevolezza dell’importanza strategica dell’altopiano dell’Alfina sotto il profilo della risorsa idrica traspare anche dal recente piano di Tutela delle Acque che tratta la zona dei Vulsini come zona di semplice protezione, mentre invece anche i recenti fatti dimostrano che andrebbe trattata come zona di tutela assoluta. Diverse associazioni, che hanno a cuore l’altopiano dell’Alfina e molte imprese agricole e turistiche che ivi risiedono, hanno sollecitato un tavolo interregionale (Umbria e Lazio) per la salvaguardia di questo territorio e delle riserve idriche, ma purtroppo hanno dovuto registrare un totale disinteresse da parte delle Amministrazioni Pubbliche. A seguito di una situazione così drammatica, gli Amici della Terra ed il CISA, rinnovano la richiesta alla Regione Umbria di modificare tempestivamente il Piano di tutela delle Acque, quindi ai comuni di Orvieto, di Castel Viscardo, di Castel Giorgio, di Acquapendente, nonché alla Regione Lazio e alle Provincie di Terni e Viterbo che possano condividere questa posizione facendosi parti attive nei confronti delle Regione. Le scriventi associazioni ambientaliste sostengono da anni l’elevato rischio connesso alla scriteriata attività estrattiva del basalto dall’altopiano, nei confronti appunto del possibile inquinamento e depauperamento dell’acqua per uso potabile in ampie zone delle regioni contermini (Umbria e Lazio). Gli episodi di questi giorni appaiono un possibile eclatante segnale che le amministrazioni , spesso sorde a queste argomentazioni, debbono ascoltare. Noi, per parte nostra, continueremo a pugnare per impedire la continuazione dell’attività escavativa sull’Alfina che si sta lentamente trasformando in un’area di estrazione mineraria. Non vogliamo solo tutelare il paesaggio e la qualità della vita della comunità dell’Altopiano, vogliamo anche tutelare l’acqua potabile, uno degli elementi essenziali della vita come i cittadini orvietani e poranesi stanno toccando con mano (e con la tasca) in questi giorni. Monica Tommasi - Presidente degli Amici della Terra – Orvieto Vittorio Fagioli – Presidente Comitato CISA
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