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FOTOVOLTAICO: PERCHÉ NON SUI TETTI DI ORVIETO?
Le antiche città dell’Anatolia si annunciano con periferie moderne, case a più piani, colori vivaci. Una dopo l’altra si affacciano sulle strade principali e ti vengono incontro con la stesa di pannelli solari sui tetti omogenei. Sono quasi invidiosa. Perché non anche ad Orvieto? I vicoli, sordi ai rumori compatti come le trombette dei mondiali strombazzati dai mega condizionatori che invadono il silenzio, potrebbero divenire anche ciechi, considerato che muti già sono. Orvieto è una città unica. Particolare è la posizione sull’acrocoro di tufo, particolari sono i suoi monumenti, stupenda era la visuale naturale che si poteva apprezzare affacciandosi dal balcone della rupe. Non è detto che la città non dovesse allargarsi verso la pianura, sicuramente però i quartieri sorti a partire dagli anni ‘cinquanta – ‘sessanta potevano essere realizzati nel rispetto di un seppur minimo piano urbanistico e non come un termitaio irregolare secondo l’onda del periodo. Dopo anni di parole al vento, finalmente si è passati alle azioni. Era ora, si potrebbe dire. Era ora di passare alla raccolta differenziata, era ora di pensare al risparmio energetico, di adottare nuovi sistemi per produrre energia alternativa. Era ora! Però, ed è come il discorso delle centrali nucleari, nessuno di noi vorrebbe trovarsi a confinare con un insieme di pannelli fotovoltaici. E forse a nessuno farebbe piacere avere come biglietto da visita da offrire al turista una serie di pannelli fotovoltaici. In base allo studio effettuato dall’Ufficio Urbanistico del comune di Orvieto, benché siano diverse le zone da salvaguardare, il fotovoltaico praticamente si potrebbe impiantare su circa il 70% dei terreni agricoli. Vediamo al dettaglio che sono escluse da ogni eventualità d’impiantare il fotovoltaico le aree comprese nel parco archeologico, nel parco del Tevere, i terreni coltivati a uliveto o vigneto per la produzione del vino D.O.C. (in quanto produzioni di pregio), i siti Rete Natura 2000 di interesse comunitario e le zone di protezione speciale. Sono anche escluse le aree sottoposte a vincoli e quelle incluse in una fascia di rispetto di 100 metri intorno agli edifici a destinazione residenziale di altra proprietà, le aree incluse in una fascia di rispetto di 250 metri intorno agli ambiti territoriali urbani. Altri vincoli riguardano la prossimità di strade, ferrovie, aree boscate, confini di proprietà. In questi casi la distanza di rispetto è fissata in 25 metri. Escluse le aree elencate gli impianti fotovoltaici si possono impiantare su qualsiasi terreno agricolo nel rispetto di norme ben precisate: “La realizzazione degli impianti sul terreno deve perseguire il minimo impatto sul territorio, ricorrendo alle migliori tecnologie disponibili; ovvero ogni intervento deve prevedere le opere di mitigazione necessarie ad attutirne l’impatto visivo con efficaci barriere arboree o arbustive, tenendo conto delle visuali panoramiche, paesaggistiche e della visibilità da strade e da ogni altro spazio pubblico, nonché della vicinanza ad edifici di interesse documentario o artistico. Quindi andranno utilizzati impianti di modesta altezza”. Tante precisazioni dovrebbero tranquillizzarci. Invece siamo divisi, scontenti, arrabbiati. Vogliamo ridurre i danni all’ambiente provocati dal petrolio e trovare un’alternativa valida e sostenibile. O.K. Ma io mi domando, visto che si tratta di terreni agricoli perché non si continua a trattarli come tali? Se non va bene seminare mais, o meleti, o… per produrre energia, plastica, o quant’altro perché sarebbe uno sfregio nei confronti di coloro che soffrono la fame, perché non si adotta qualche coltivazione in grado di sostituire i prodotti ricavati dal petrolio senza impoverire il terreno e che non costituisca fonte di ulteriore inquinamento? Forse, più degli inesistenti pannelli sui tetti dei vicini, è la nostra ingenuità che c’impedisce di avere la visuale dell’orizzonte lontano. Ma ecco che si arriva a fare il punto, come quei quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo di cui parla Giorgio Gaber. Un comunicato inviato dalle Associazioni ambientaliste, nell’informarci che è nata in Umbria un’importante società che produrrà ed impianterà pannelli fotovoltaici, ci comunica anche che la famiglia Romiti ne è partner importante. Non so se sia un caso di omonimia, potrebbe anche darsi. Però il nostro assessore comunale al bilancio, finanze, tributi, cassa, politiche comunitarie si chiama per l’appunto Maurizio Romiti! Santina Muzi
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