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PETIZIONE POPOLARE CONTRO L’AMPLIAMENTO DELLA DISCARICA Ha preso il via la petizione popolare contro l’ampliamento della discarica “Le Crete” promossa da: Amici della Terra, Accademia Kronos, Acqua Porano, Altra Città, Amici di Casteldifiori, Italia Nostra, Il Ginepro, Centro di Documentazione Popolare Orvieto, WWF, Cisa, con l'adesione di Confagricoltura, Confcommercio, Federalberghi, Cia, Assocommercio e Consorzio del Vino. Basta con i rifiuti importati ad Orvieto da chissà dove; la discarica deve servire solamente alla città e al Comprensorio. È questo in definitiva ciò che è emerso dalla conferenza indetta da varie associazioni ambientaliste nella mattinata di sabato ultimo scorso. Contro l’ampliamento della discarica “Le Crete” sia le associazioni ambientaliste che quelle di categoria si sono trovate concordi nel promuovere la petizione, dato che “l'attuale gestione non rispetta le esigenze del territorio, non porta nessun beneficio né economico né sociale per i cittadini, per le istituzioni, per le imprese.” Del resto, per usare le parole di Monica Tommasi presidente della sezione orvietana dell'associazione Amici della terra, “fino ad oggi la nostra discarica ha sopperito alle carenze di una non adeguata gestione dei rifiuti, abbiamo fatto 'mutuo soccorso' e preso rifiuti da Spoleto, Milano, Napoli. Attualmente arrivano ad Orvieto rifiuti da fuori regione, come ceneri e scorie dagli inceneritori del Lazio. Questa città, con la sua storia, il suo Duomo, le sue eccellenze enologiche, il suo meraviglioso paesaggio non può diventare la grande discarica dell'Umbria.” Come darle torto? Oltretutto l'Unione Europea, “con la direttiva 99/31/CE, recepita dal D.Lgs. 13 gennaio n.36, ha stabilito che in discarica devono finire solamente materiali a basso contenuto di carbonio organico e materiali non riciclabili e che le discariche non devono essere localizzate nei calanchi”. Non devono essere localizzate nei calanchi? Nel corso del 2009 nel terzo calanco sul fiume Paglia sono state versate 140.913 tonnellate di rifiuti, di cui 14.269 prodotti da Orvieto e comprensorio, circa il 10% del totale. Oltre all’irregolarità di quanto stabilito, nei confronti dell’ Unione Europea c’è anche la beffa. Non credo infatti che la stessa Comunità, quando sul finire degli anni ‘settanta decise di salvare Orvieto e d’investire una considerevole cifra per il consolidamento della Rupe, avesse preso in considerazione l’eventualità di un declassamento della nostra città. L’opposizione di buona parte dei cittadini all’ampliamento della discarica non scaturisce solamente da una questione di estetica, considerazione che non sarebbe comunque da scartare, ma soprattutto nasce dalla volontà di salvaguardare i beni comuni e, in particolare, la salute se, come afferma il geologo Francesco Biondi di “Amici della terra”, le due discariche già colmate non sono affatto sicure. Nel dettaglio il problema potrebbe riguardare soprattutto il primo calanco, colmato e tombato, in cui è stato versato di tutto, compreso quello che chiamiamo umido. Gli acidi prodotti dalla fermentazione sono altamente corrosivi, intaccano le altre sostanze e provocano reazioni chimiche che sfuggono al controllo. Lo dimostra l’esperienza del Veneto dove i “teli” predisposti per evitare che i liquami raggiungessero gli strati argillosi più profondi, dopo 50 anni hanno iniziano a perdere in consistenza ed efficacia. Una volta quando si vedevano i gabbiani si diceva che si era vicini alla costa, ad un passo dal mare. Sono anni che assistiamo ad un’emigrazione giornaliera: al mattino i gabbiani arrivano stridendo e piombano in zona discarica, al tramonto ritornano in formazione triangolare, sorvolano il Lapone e puntano alla costa. Cosa vengono a fare, da noi, i gabbiani?… “I rifiuti sono una risorsa da valorizzare” dice ancora Monica Tommasi “e le associazioni ritengono che debbano essere accettati solo progetti e sistemi che si occupino principalmente di recuperare materiali e di reinserirli nel mercato commerciale, utilizzando al meglio tutti i canali istituzionali già disponibili da anni (consorzi, borsa rifiuti, produzione di materiali nuovi a norma commerciale), lasciando al settore smaltimento rifiuti un ruolo marginale (10-5% dei rifiuti raccolti) e in decrescita nel tempo.” Dunque la discarica comunemente detta ha fatto il suo tempo. Oggi si mira al riciclo, se possibile a rifiuti zero. Allora, se l’obiettivo è mutato, a cosa serve ampliare la discarica di Orvieto invadendo un terzo calanco e sopraelevando il secondo già saturo? Santina Muzi
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