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UN DONO PER GLI ALTRI
SUCCESSO PER IL POMERIGGIO DI MUSICA, POESIA E PROSA ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE IKHIWA PRESSO LA CHIESA DEI SANTI APOSTOLI Santina Muzi Alla presenza di un discreto numero di fedelissimi e di appassionati che non si sono lasciati scoraggiare dal freddo e dalla neve che aveva imbiancato le strade e le cime delle colline circostanti, presso la chiesa dei Santi Apostoli g. c., domenica 3 febbraio l’Associazione Ikhiwa ha tenuto la seconda edizione del “Salotto letterario” presentando una selezione di poesie e pagine di prosa sia in lingua che in gergo intervallate da brani di musica classica e di musica tradizionale eseguiti con bravura entusiasmante dal giovanissimo Francesco D’Urbano, allievo uscente dal corso di flauto della Scuola comunale di musica “Adriano Casasole”, in procinto di dare gli esami per entrare al Conservatorio. Intanto, visto che la gaita, nonostante i bordoni, si suona come un flauto, Francesco si è sbizzarrito passando dallo strumento tradizionale della Galizia alla gaita elettronica, dalla musica popolare alla classica e a pezzi di sua composizione. Ed è bello, il gesto, la generosa partecipazione di un giovane che mette a disposizione le sue competenze per aiutare dei giovani più svantaggiati. Bella anche la collaborazione con l’attrice Elisabetta Moretti che ha letto brani da “Canapa italiana” e ha dato voce, tra l’altro, a Costantino Kavafis recitando in maniera eccellente “Itaca “ e “Aspettando i barbari”, due belle poesie del grande poeta greco. Non pochi gli autori che hanno apportato il contributo delle loro opere: da Maria Antonietta Bacci con commoventi poesie tratte da “Immagine donna” , a Vera Bianchini con “L’Iliade a modo mio”, Laura Marchini e i ricordi di gioventù, Silvana Pagnotta.... Anche Guglielmo Portarena, in bilico fino all’ultimo momento, infine è riuscito a liberarsi dagli impegni di lavoro e ha letto alcune pagine tratte da “La lepre col cilindro”. Per una strana coincidenza, i vari autori hanno proposto figure femminili quasi a ricalcare quanto espresso nel diario “Ikhiwa” in cui si dice che in relazione al progetto “Istruzione è vita” sarebbe doveroso dare la precedenza alle ragazze perché, proprio perché donne, spesso vengono accantonate, destinate solamente ai lavori pesanti ed esonerate dall’andare a scuola. Un po’ come nell’Orvietano fino agli anni ‘Trenta del ‘Novecento. La discriminazione viene confermata da “Immagine donna” in cui Maria Antonietta Bacci, socia fondatrice dell’Associazione, dà vita a figure di donne e di professioni dimenticate. Ecco l’ultima spigolatrice. Sembra di vederla mentre col suo mazzo di spighe avanza lentamente dai campi di grano “un po’ bianca, un po’ curva, silenziosa...”. Ѐ l’ultimo esemplare di quella generazione in cui non si getta nulla, tutto viene riciclato, ogni cosa “può sempre servire”. Un quadro estremamente commovente è quello che emerge da “Le donne del Duomo”, sessantasei donne che lavorarono alla costruzione della storica cattedrale trasportando pietre, terra e calcina finché non morirono, consunte dalla fatica e dal flagello della peste nera che nel 1348 colpì la città. “La paga era niente la metà della più bassa, perché erano le donne”. E di loro nemmeno il nome è rimasto sui libri paga. Risultano solo come “mulieres”: donne! Anche Guglielmo Portarena ha proposto ai presenti un episodio reale tratto da “La lepre col cilindro” in cui si parla dello stupro di una contadinella che, come frequentemente succedeva nel passato, da vittima di un abuso viene trasformata in colpevole. Da parte sua Laura Marchino di Fabro ha recitato versi scaturiti dai suoi ricordi giovanili, quando le ragazze si divertivano con poco, magari andando qualche volta a ballare camminando per stradette di campagna, al buio, sporcando di fango le scarpe della festa mentre Vera Bianchini di Castel Viscardo ha rallegrato i presenti con le beghe delle divinità dell’olimpo greco. Nel complesso l’iniziativa è stata molto apprezzata dal pubblico che non ha lesinato gli applausi ed ha mostrato interesse al progetto “Istruzione è vita” portato avanti dall’Associazione a favore delle ragazze e dei ragazzi più disagiati del distretto di Hwange – Zimbabwe. A conclusione si può ben dire che il pomeriggio della penultima domenica di carnevale è trascorso in un’atmosfera particolare che ha esteso ai presenti gli stessi ideali e il programma dell’Associazione Ikhiwa. LO SPIRITO DI IKHIWA Pier Luigi Leoni Ogni attività umana è preceduta dall’immaginazione e l’immaginazione è alimentata dal pensiero. Il pensiero che sta all’origine dell’Associazione Ikhiwa è contenuto nel libro che s’intitola Ikhiwa (in Zimbabwe e ritorno). È il diario di un viaggio in Africa di una nostra concittadina. Santina Muzi, mossa da un grande amore materno e da una sana e forte curiosità, raggiunge in Africa la figlia Michela, che lavora per un’ organizzazione non governativa. Il libro-diario è un mosaico di brevi episodi descritti senza fronzoli retorici. Ogni tessera è un piccolo dramma che contiene tutti i dolori e tutte le speranze dei vari protagonisti. La tecnica con cui è redatto il libro, richiede una visione d’insieme per coglierne il senso complessivo. Mi sforzo di esprimere il senso del libro come l’ho colto. Lo Zimbabwe, ex Rhodesia Meridionale, colonia inglese che era considerata la Svizzera africana, adesso è uno Stato sovrano tra i più disastrati del continente, superato solo dalla Somalia, ex colonia italiana. L’Occidente, molto evoluto nella scienza e nella tecnica, non è parimenti evoluto nell’etica. Gli africani sono stati affascinati dalle possibilità della tecnica, ma disgustati dal cinismo degli europei, opportunisti e sfruttatori delle risorse umane e naturali. Quando le colonie sono divenute passive, gli europei le hanno cinicamente abbandonate a se stesse. Le culture tribali sono riemerse e ha prevalso la legge del più forte, quella che vigeva prima della colonizzazione e quella che gli stessi colonizzatori avevano sfacciatamente praticato. Date queste premesse e considerato che l’Africa non può e non deve essere abbandonata (ne va della nostra dignità di esseri umani che, come tali, fanno parte della stessa umanità che in quel continente è particolarmente umiliata) è nata l’Associazione Ikhiwa. L’Associazione si sforza di praticare una forma di attenzione che può essere spiegata facendo ricorso ad alcune espressioni usate da padre Alberto Maggi. Quello che è garanzia di una vita piena in questa esistenza, è la capacità di fare della propria esistenza un dono per gli altri. Le persone che sono sempre centrate su se stesse, le persone che non vedono al di là dei propri bisogni, del proprio egoistico orizzonte, sono persone, spesso anche dal punto di vista clinico, sempre carenti, sempre ammalate, perché restringono l'ambito vitale nel loro piccolo orizzonte. Gesù ha proclamato felici, beati, quelli che scelgono di essere poveri, non nel senso di andarsi ad aggiungere ai miseri, ma quelli che limitano o condizionano un po' il proprio livello di vita per gli altri, cioè quelli che decidono di condividere quello che hanno, rinunciando ad accumulare per sé. Questo individuo, immaturo, invitato a scegliere tra la felicità e la tristezza, sceglie di rimanere afflitto e nella tristezza. La condizione del ricco è peggio di quelle del lebbroso e degli indemoniati. Il ricco crede di possedere i beni, in realtà è posseduto dai beni, crede di essere un signore, in realtà è un servo. Il valore della persona consiste nel bene che concretamente ha fatto agli altri. Non esiste altro, la persona vale per quello che fa per gli altri. Il ricco, normalmente, è quello che invece pensa per sé. Il Signore, invita tutti quanti a essere signori e tutti quanti siamo chiamati a essere signori. Il signore è colui che dà, e tutti quanti siamo capaci di dare. Il dare non dipende dalla cultura, dalla salute, dalla condizione sociale, tutti quanti siamo capaci di dare, anche la persona più misera, più povera è capace di dare, di regalare qualcosa, anzi, spesso sono i poveri i più generosi. Dare non significa vivere male, il benessere è positivo, siamo tutti chiamati a raggiungere il benessere nella nostra esistenza, l'importante è che il nostro benessere non sia a discapito del benessere degli altri. Il benessere è positivo, dobbiamo tutti cercare di condurre una vita dignitosa, agiata e nel benessere, ma l'importante è che questo benessere sia condiviso con gli altri. Secondo la mentalità degli uomini, l'importante è l'accumulo, ed è impossibile vivere rinunciando all'accumulo dei beni; nella mentalità di Dio è la condivisione dei beni quella che crea l'abbondanza.
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