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LE SACRE RAPPRESENTAZIONI AD ORVIETO
IL RACCONTO DI SERGIO RICCETTI Santina Muzi Sabato 8 giugno in piazza del Duomo ad Orvieto verrà riproposto “Il miracolo de lo Sacro Corporale”, un testo in versi risalente al ‘Trecento, rivisto ed aggiornato dal poliedrico concittadino Giuseppe Baiocco. • Un po’ di storia La nostra città non è nuova alle sacre rappresentazioni: “Orvieto, sede stabile del dramma sacro”. Fu questo il punto essenziale deciso dal 1° Convegno del dramma sacro tenutosi sulla rupe nei giorni 29 – 30 ottobre 1949 su iniziativa dell’Istituto Beato Angelico di Roma e l’Azienda Autonoma del turismo di Orvieto. E dal ’49 al 51, anno in cui realmente avvenne la prima rappresentazione, ci fu tutto il tempo per coinvolgere il mondo della cultura a livello nazionale nonché una gran parte della popolazione da utilizzare come comparse nei ruoli più disparati accanto ai nomi più prestigiosi del teatro e del cinema italiano. Il dramma sacro del ’51 si componeva di un tempo unico ambientato nel 1264 ed era centrato su “Il miracolo del Corporale”. Non se ne conosce l’autore, ma il testo è importante perché, anche se dovrebbe essere stato composto tra il 1325 e il 1330 e quindi è di poco posteriore al miracolo di Bolsena, è considerato un documento, una testimonianza da parte di chi sa e conosce quanto accaduto. Sicuramente nel ‘Trecento tra gli spettatori più anziani c’era chi nella fanciullezza aveva vissuto l’atmosfera scaturita dall’evento di Bolsena. Cosa insolita per il tempo, sulla scena lo sconosciuto autore non porta Angeli e Santi, l’unico Santo è Tommaso D’Aquino che in quegli anni insegnava teologia in San Domenico, porta invece personaggi conosciuti dalla gente di allora. Porta i Consoli delle arti, il podestà, il Capitano del Popolo, il vescovo, il Papa. “Una rappresentazione così potente nel suo verismo, né ad Orvieto né altrove è dato di trovare mai più”: (da: “Le sacre rappresentazioni orvietane” di Giuseppe Riccioni e Massimiliano Strukelj) Se da una parte “Lo miracolo de lo Sacro Corporale” testimonia che fin dal Medioevo sulla rupe veniva rappresentato il dramma sacro, dall’altra il testo di questo anonimo concittadino, che narra nella lingua del tempo quanto accaduto a Bolsena e il fermento prodotto in Orvieto, documenta da vicino l’atmosfera e il coinvolgimento di popolo e autorità intorno all’evento. Sulla scena ci sono tutti, il prete dubbioso, il Papa Urbano quarto, il Vescovo Giacomo, il podestà, il Capitano del popolo, i Signori sette, più un’infinità di figuranti. • Il fatto È una sera d’estate del 1264. Sulla rupe il podestà, circondato dai sette consiglieri comunali e dai rappresentanti delle arti e dei rioni, improvvisamente viene distolto dal suono della campana delle arti e dal rullo dei tamburi, segnali che da soli annunciano un evento eccezionale. Nella piazza sottostante si accalca la folla mentre il Capitano del popolo, annunciato dal suono delle chiarine, avanza a cavallo col suo seguito armato per la via decumana. Velocissima, la notizia di quanto accaduto a Bolsena si diffonde tra il popolo attonito che subito fa da scorta ai due cortei, militare e civile, diretti verso la residenza papale per incontrare Urbano quarto, cardinali e prelati. Infine il sacro lino viene mostrato e la folla sulla piazza si prostra a terra adorante. • Il dramma sacro negli anni ‘Cinquanta Il dramma sacro sulla piazza del Duomo di Orvieto, tornato nel ’51 su iniziativa di Ferdinando Tamberlani e l’Azienda del turismo, è ancora nella memoria della gente, soprattutto di coloro che all’epoca erano bambine, signorinette, o giovanottelli. In particolare perché in molti furono impegnati come comparse o per svolgere lavori specifici. Tra questi c’è Sergio Riccetti, che racconta: <
> Possiamo immaginare l’entusiasmo di un ventenne che si trova a cavalcare l’onda del momento accanto ad un personaggio illustre che gli insegna i trucchi e l’arte scenografica. E Riccetti impara presto tanto da seguire Tamberlani in tutte le tournée attraverso l’Italia che sta risorgendo dalla distruzione della guerra ed ha voglia di riprendersi la vita. <
> Riccetti ha buona memoria tanto da ricordare tuttora i versi del testo e li recita di getto: ”Correte, quel prete all’altare è caduto e forse sapremo come è addivenuto.......” <
> Con tanto materiale viaggiante <
> Quattro estati passate così, fuori dal tran tran delle viuzze odorose di tufo, a contatto con un mondo completamente diverso. Chissà quanti ricordi! <
> Dopo tanto successo viene spontaneo domandarsi perché poi, così com’erano comparse, altrettanto velocemente le sacre rappresentazioni sono sparite. <
> Riccetti sfoglia con devozione i suoi ricordi che conserva gelosamente in una preziosa cartellina, un piccolo tesoro in cui, insieme alle foto e al libro sul corteo storico, è compresa una bella parte della sua vita.
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